Omicidio Maggi: in abbreviato arriva la condanna a 16 anni per Valentina Piccinonno

E’ arrivata la sentenza: 16 anni di reclusione per Valentina Piccinonno, la monteronese ritenuta responsabile dell’omicidio di Salvatore Maggi. I figli e la moglie della vittima: “è stata fatta giustizia”.

La condanna è stata inflitta in abbreviato dal gup Cinzia Vergine. Per la 34enne imputata si tratta dunque di omicidio volontario aggravato, nonostante l’avvocato difensore Ladislao Massari avesse chiesto la riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale dopo un presunto tentativo di violenza sessuale e con il riconoscimento dell’infermità mentale totale. L’ipotesi è però stata smentita subito dai controlli della psichiatra Paola Calò che ha dichiarato una parziale, e non totale, incapacità di intendere e di volere al momento dell’accaduto. E dopo gli accertamenti il giudice non ha quindi avuto dubbi: condanna di 16 anni di reclusione per omicidio (a fronte dei 18 richiesti dal pubblico ministero Emilio Arnesano nella scorsa udienza). I figli e la moglie della vittima, assistiti dall’avvocato Roberto Rella, verranno risarciti in separata sede.

Il corpo senza vita di Salvatore Maggi, 73enne di Monteroni ed ex gestore di una sala giochi, fu ritrovato in aperta campagna tra la notte del 27 e 28 giugno 2015. Con gravi ferite nella regione della calotta cranica. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Lecce hanno consentito in poche ore di risalire all’identità dell’assassino. La Piccinonno venne ritrovata a bordo della Panda di proprietà di Maggi presso la zona 167. Nel reggiseno aveva nascosto degli oggetti in oro sottratti alla vittima. La 34enne raccontò alla polizia di aver accolto una richiesta di passaggio da parte di Maggi. Dopo esser usciti da un bar, il 73enne avrebbe cercato di portarla in periferia, iniziando a palpeggiarle il seno e mettendole nel reggiseno alcuni oggetti di valore (anelli, bracciali ed altro). A quel punto, lei avrebbe reagito ai suoi presunti atti di violenza sessuale, difendendosi a botte di calci e pugni. Al che, sarebbe scappata lasciando il corpo della vittima, sanguinante ed ormai privo di vita, all’interno del suo podere in località “Li Catelli”. Ma le indagini degli addetti ricostruirono un film abbastanza diverso dalle sue dichiarazioni. Gli indumenti sporchi di sangue ed alcune sue ammissioni di colpa, consentirono infatti di configurare il reato di omicidio volontario.

Quel giorno la donna, evasa dai domiciliari, dopo aver sentito il parere del pubblico ministero di turno fu riportata a casa. Nonostante ciò scappò nuovamente e fu fermata ancora da un’altra pattuglia.

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