dello storico “Palazzo Pino - Casa delle Culture” (LEGGI ARTICOLO), che fu dimora del patriota risorgimentale Alessandro Pino, primo sindaco di Monteroni con l’Unità d’Italia. Tra le ultime opere a cui si è interessato, il Palazzo Marchesale di Arnesano e il Convento Santa Maria delle Grazie dei Frati Minori di Leverano. Nell’intervento (che il giornale pubblica integralmente di seguito), l’architetto critica il risultato dei lavori.
Tg Monteroni resta a disposizione per eventuali repliche delle parti chiamate in causa dall'architetto.
“Casa Pino è una residenza nobiliare ottocentesca che sorge nel cuore del centro storico di Monteroni; al mio primo sopralluogo, successivo all’invito di un’impresa a partecipare al bando di gara per il suo recupero, ne ho potuto apprezzare la notevole valenza storico-architettonica. Oltre a questa, mi ha colpito il fatto che la costruzione ottocentesca, con il suo ampio giardino storico e i più recenti ampliamenti, erano a noi pervenuti come a loro tempo realizzati, senza alterazioni e/o occultamenti di sorta. Era quindi alquanto facile distinguere la parte monumentale dalle aggiunte successive e, di queste ultime, valutare quali decisamente incompatibili con l'originaria architettura.
Il sopralluogo mi ha anche consentito di verificare che i due progetti fino a quel punto prodotti per “Casa Pino” ne avevano totalmente ignorato la sua eccezionale valenza.
Infatti, il primo prevedeva con una devastante ristrutturazione, la trasformazione addirittura in più appartamenti. Il secondo, in variante al primo, proponeva una destinazione sicuramente consona a “museo di arte contemporanea”, ma anche in questo caso gli interventi previsti, per parere espresso dalla Soprintendenza, nella maggior parte incompatibili.
Il successivo bando di gara indetto in data 18 febbraio 2015 (dovuto a seguito di un finanziamento P.O. Fesr Puglia 2007-2013 Asse IV Linea 4.2 Azione 4.2.1) ha infatti indirizzato le proposte progettuali concorrenti a tener conto delle prescrizioni della Soprintendenza. Espletata la gara in data 6 maggio 2015, Rup (responsabile unico del procedimento) don Adolfo Putignano (esperto di procedure di restauro?) e commissione composta da due ingegneri (incompatibili con il restauro) e un architetto, risultava vincente con un punteggio altissimo l'impresa “Bandino Carmela” da Pietragalla (Potenza).
Richiesto l'accesso agli atti, ho potuto constatare come il progetto vincente, carente delle necessarie e approfondite analisi del monumento e della sua storia, proponesse interventi che questa avrebbe cancellato, peraltro disattendendo parte delle prescrizioni della Soprintendenza.
L'impresa con la quale avevo avanzato la mia proposta progettuale non ha voluto affrontare un costoso ricorso al Tar avverso l'aggiudicazione dei lavori.
Per la tutela del bene monumentale ho avvertivo comunque la necessità di informare dei limiti dei lavori che si sarebbero messi in opera Arcivescovo, Ufficio tecnico della Curia, Rup e Soprintendenza.
In data 20 agosto 2015, con un nuovo Rup, questa volta un commercialista (anche questo esperto di procedimenti di restauro?), e con la direzione di due ingegneri si è dato corso ai lavori (con il dovuto parere della Soprintendenza sul nuovo progetto?).
Non ho constatato di persona quanto fatto nel dettaglio, ma ho potuto verificare che parti importanti del progetto aggiudicatario sono state cambiate: si sono conservate superfetazioni compromettenti, realizzate nuove opere di pesante impatto, “omogeneizzato” il tutto: antico-storico, volumi superfetativi e nuovi con una nuova generale stonacatura e intonacatura.
Nel giardino sono stati stroncati due nespoli plurisecolari monumentali. Distrutti gli antichi intonaci che “segnavano” le diversità. Spero che si siano salvati i pavimenti e gli infissi, quelli delle due sale principali posti in rigorosa simmetria tipica delle sale ottocentesche.
Al visitatore “ignaro” sembrerà tutto nuovo e bello, ma non potrà più apprezzare la tipicità storico-architettonica di “Casa Pino”, perché la sua più autentica identità non è mai stata compresa e colpevolmente oscurata dagli “operatori”, come continuano a fare quando, su manifesti 3x6, la promuovono a “Palazzo”, ammiccando alla megalomania di una titolazione più pomposa.
Sarà interessante la mostra d'arte proposta con l’inaugurazione, ma ancor più interessante sarebbe stato presentare “Casa Pino” restaurata con una conferenza-dibattito, magari con l’utile partecipazione della Soprintendenza. Ma questo accade in altri luoghi, non nei “Palazzi delle Culture”. Buona fortuna vecchia Casa Pino!”
Arch. Gianni Pulli