Caporalato, blitz in un’azienda di Monteroni: arrestato pakistano, denunciati i titolari

L’ennesima storia che puzza di caporalato proveniene dalle campagne di Monteroni. Una nuova ombra sul Salento.

Un’altra inchiesta che toglie il velo sulle condizioni disumane in cui soprattutto gli extracomunitari sono costretti a lavorare nei campi.

Il blitz della Squadra Mobile di Lecce è scattato all’interno di una azienda agricola di Monteroni, in un'area ad un tiro di schioppo dalla provinciale per Lecce, dove i poliziotti hanno scoperto 32 braccianti in prevalenza pakistani (di cui 9 senza contratto e due senza permesso di soggiorno) che erano ridotti a livelli impietosi per un pugno di soldi spicci. Vivevano in pessime condizioni igieniche e dormivano su giacigli di fortuna nello stesso casolare in cui lavoravano.

Gli “schiavi” di questa triste vicenda erano nei campi dalle 10 alle 12 ore al giorno per raccogliere pomodori, nel cuore della terra rossa della Valle della Cupa e sotto il sole cocente. A loro era permessa solo una breve sosta per il pranzo, composto solo da legumi e pane. E il tutto per una paga compresa tra gli 80 centesimi e i 2,50 euro all'ora.

Il caporale era un pakistano di 36 anni, Alì Zulfiquar, che è stato arrestato: secondo l’accusa aveva reclutato i 32 braccianti e li costringeva con minacce e violenze fisiche a turni di lavoro massacranti. Denunciati inoltre i titolari dell’azienda: si tratta di una coppia di coniugi. Tutti e tre - gestori e “caporale” - sono accusati dei reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

L'inchiesta è partita dopo la denuncia di due pakistani, uno dei quali era stato picchiato selvaggiamente perché aveva chiesto un anticipo sulla paga da mandare a casa. Dal compenso venivano sottratti 25 euro a settimana per il vitto (un piatto di  lenticchie da mangiare a colazione e cena e da bere la stessa acqua utilizzata per l’irrigazione). Ad alcuni lavoratori venivano chiesti anche 10 euro per l'alloggio che era meno di un giaciglio: una coperta su un tavolo e materassi per terra. Mentre gli irregolari venivano fatti dormire addirittura in una buca: un locale sotterraneo chiuso da una botola. Un nascondiglio, insomma, dove occultare i braccianti in caso di controlli.

 

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