La notizia di una possibile e imminente riapertura del cantiere fermo da quattro anni (LEGGI ARTICOLO) ha riaperto il dibattito sulle sorti e sulla mission della “gloriosa” struttura.
E il punto non è tanto l’(eventuale) completamento della pista (una gestazione piuttosto lunga!), quanto la futura gestione. Insomma, la domanda è sempre la stessa: cosa diventerà e a cosa servirà il nuovo Velodromo? E se, come tutti sperano, dovesse rinascere, di cosa ha bisogno perché possa rifiorire appieno evitando un’altra fine ingloriosa?
La ripresa dei lavori potrebbe essere imminente, sebbene ancora manchi il crisma dell’ufficialità. Intanto, il dibattito è in corso.
A formulare una proposta è l’associazione “Hopera”, che gestisce il laboratorio urbano di Monteroni, con un appello alle istituzioni comunali per prendere in considerazione l’ipotesi di una nuova strategia progettuale: “In vista delle ultime notizie riguardanti il Velodromo degli Ulivi - afferma Massimo Toma, uno dei fondatori di Hopera - ci sentiamo in dovere di esprimere con forza la nostra posizione. Secondo le ultime indiscrezioni giornalistiche abbiamo appreso che, meriti a parte, la ripresa dei lavori si avvicina. E questo, ovviamente, ci impone una nuova riflessione. Al netto di quanto si pensi, nel 2017 è praticamente impossibile - sostiene Toma - immaginare la gestione ordinaria e straordinaria, la manutenzione e il sostentamento di un impianto così imponente, concepito secondo i criteri del secolo scorso, attraverso le risorse del territorio. Per riconsegnare ai cittadini questa meravigliosa struttura, è necessario proiettare nel futuro il parco e la sua funzionalità. E tutto questo può essere realizzato esclusivamente riconsegnando al bene comune una nuova veste che si ispira a tre principali chiavi di lettura: comunità, ruralità, innovazione. L’unico strumento a disposizione dei cittadini, in grado di coniugare insieme questi temi, è quello della cooperativa di comunità. Essa - spiega l’esponente di Hopera - è un modello di innovazione sociale dove i cittadini sono produttori e fruitori di beni e servizi. E’ un modello che crea sinergia e coesione in una comunità, mettendo a sistema le attività di singoli cittadini, imprese, associazioni e istituzioni, rispondendo così ad esigenze plurime di mutualità”.
E più nello specifico: “La cooperativa di comunità per essere considerata tale - continua il comunicato - deve avere come esplicito obiettivo, quello di produrre vantaggi a favore di una comunità, alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria. Tale obiettivo deve essere perseguito attraverso la produzione di beni e servizi che incidano in modo stabile e duraturo sulla qualità della vita sociale ed economica della comunità. E’ chiaro che le cooperative di comunità valorizzano la centralità del capitale umano, il che significa impostare modelli organizzativi e gestionali che favoriscano la partecipazione e coinvolgimento. Si tratta di esperienze che coniugano le tematiche e valori della cittadinanza attiva, della sussidiarietà, della gestione dei beni comuni e la solidarietà”.
Chiude la nota un’ultima annotazione sugli eventuali finanziamenti che potrebbero arrivare nelle casse comunali a favore della riqualificazione della struttura in questione: “Inoltre alla luce delle nuove sfide comunitarie riguardanti il PSR 2014/2020, i nuovi Piani di Azione Locale dei GAL e l’afflusso turistico in enorme crescita, ci auguriamo - è l’auspicio di Toma - che le istituzioni comunali si adoperino per approfondire questa idea di sviluppo aprendo una fase di discussione di progettualità partecipata con i principali protagonisti del territorio: i cittadini monteronesi”.